Jacopo Pasquini, Digital Strategist specializzato nel campo della brand reputation, è stato ospite della quarta lezione del corso “Fare Marketing dalla A alla Z” con Rosanna Perrone.
La web reputation di un marchio è il risultato di un insieme voci, di percezioni e di attività che si creano attorno al brand, per cui si rendono necessari, in ordine, il monitoraggio costante dei dati e la loro analisi, fino allo sviluppo di una strategia volta a conquistare una buona reputazione digitale.
Vogliamo darvi un assaggio di quanto è stato affrontato in aula.
In base alla tua esperienza, quanto è conosciuto e valorizzato lo studio dell’identità digitale di un progetto dalle aziende che vogliono approcciare efficacemente il web?
La tematica è molto nota, soprattutto perché di derivazione accademica, ma scarsamente sfruttata. Mi spiego: sulla carta qualsiasi progetto digitale che si rispetti deve porre le fondamenta su una profonda analisi, determinante anche per perimetrarne l’identity. Nella pratica professionale, tuttavia vedo spesso improvvisazione sul ragionamento di branding o banale imitazione dei competitor.
Se dovessi definire, da buon consulente, in un’unica affermazione la gestione di un progetto di branding, cosa affermeresti?
La distintività nel racconto di marca è il vero drive di successo, oggi. Non a caso si parla di “leadership conversazionale”.
Seduto al tavolo con il cliente, sei in riunione per approvare il Planning definitivo di un’attività: quale ruolo ha o dovrebbe avere l’analisi di brand reputation sulla decisione?
Dovrebbe guidare le scelte preliminari alla strategia digitale per intercettare gli insight di marketing già attivi e già sensibili al pubblico nel territorio di comunicazione che abitano. In più, lo studio della reputazione, ci serve per polarizzare ranking e rating oltre che per giudicare l’operato e per gestire le piccole grandi crisi sui media sociali o, più in generale, nelle community online.
Ma arriviamo alle strategie: in aula ci hai parlato di tre diverse tipologie per la pianificazione, ovvero la Selling Strategy, la Storytelling Strategy e l’Audit Strategy. Quale preferisci e perché?
In realtà le preferisco tutte e tre, magari in sinergia: la Selling Strategy si adotta quando lanciamo una campagna specifica o un’iniziativa digital inedita; la Storytelling Strategy invece è indicata per ingaggiare una relazione di medio-lungo periodo mentre l’Audit Strategy si sfrutta quando non c’è necessità di esporsi e si cerca soltanto un monitoraggio della Rete. Sono pre-strategie che dobbiamo ogni volta valutare per muovere i primi passi nel mondo digitale: spesso si combinano tra loro in funzione degli obiettivi generali che abbiamo nel piano di marketing e di comunicazione.
Quale consiglio possiamo lasciare a chi ci legge?
Se non hai una digital strategy digitale, forse fai già parte della digital strategy di qualcuno.
DoLab Team